Si stava sempre di più configurando una necessità di intervento, non solo economico ma anche e soprattutto sociale.
Fisiologicamente sarebbero andati scemando vigneti e poderi che, sulla coltivazione dell’uva, avevano fino a quel momento fondato il loro centro economico e che rappresentavano una grande risorsa naturale.
Fu così che nel secondo dopoguerra Anacleto Bonelli, consapevole di trovarsi in una zona a forte vocazione vinicola intuì la potenzialità del settore e accanto all’attività commerciale di famiglia – un piccolo negozio di alimentari in Val Trebbia – decise di cimentarsi nella pigiatura dell’uva, imparando il mestiere da autodidatta.
Affittò dapprima una ex cantina sociale a Perino e, in un secondo momento, visti gli ottimi risultati, una ex filanda a Rivergaro, paese dove ancora oggi sorge l’azienda.
Da quel momento Cantine Bonelli divenne un punto di conferimento delle uve del territorio e attraverso la costruzione di una fitta rete di viticoltori garantì la prosecuzione dell’attività, creando valore per il territorio.